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Le stagioni di Oslo



Per chi vive il nord ogni giorno, l’alternarsi delle stagioni non è un semplice passaggio ma un cambiamento che non lascia indifferenti, o almeno non lascia indifferenti tutti coloro che hanno trascorso parte della loro vita altrove e poi, per amore o solamente per necessità, si sono trasferiti quassù. Ricordo che quando vivevo in Italia, il passaggio da una stagione all’altra non interferiva particolarmente con lo svolgersi delle azioni abituali, era un passaggio scandito dai ritmi del quotidiano, da una serie di incombenze e dall’avvicinarsi o meno ad un certo tipo di festività. Le cose per me qui sono molto diverse.  

I ritmi sono fortunatamente molto rilassati, uno dei tanti motivi che mi fanno preferire questo paese ad altri, ma è la percezione che cambia e l’umore in rapporto ad essa.

Oslo ha molti volti, e per una piccola capitale ai margini dell’Europa è già una grande risorsa, tuttavia questi volti sembrano a volte così diversi da darti l’impressione di vivere in città differenti. Ed è proprio la diversità con cui le stagioni colorano la città a farci percepire gli spazi e le atmosfere come luoghi  quasi irriconoscibili. L’estate a Oslo è la stagione in cui, per molti versi, la città dà il meglio di sé. Le vie del centro pullulano di una gioventù attraente e rilassata che prende il sole nei parchi o sulle spiagge urbane più di tendenza, affolla i numerosissimi ristoranti all’aperto e gode della luce interminabile che inonda ogni angolo. Fiori dappertutto e una sensazione di benessere , positività e leggerezza che ti fa davvero credere di vivere nel migliore dei luoghi possibili. La città respira, e nell’abbagliante luce  estiva, tu respiri con lei. Ti riempi i polmoni di tanta bellezza e non puoi fare a meno della consueta scampagnata alle isole del fiordo, tappa obbligata di ogni permanenza estiva a Oslo. Dal traghetto, e poi dalle isole, la città è tutta verde  e azzurra, punteggiata qua e là dal bianco delle barche a vela che silenziosamente ti scivolano accanto. L’estate a Oslo per me è Gressholmen e Huk, le isole dei picnic all’aria aperta e dei bagni nelle fredde acque cristalline.  Ovviamente vorresti che tutto questo non finisse mai ma, come tutte le cose belle, le si apprezza particolarmente per la loro intensità e caducità.

E quindi eccoci arrivati all’autunno, che da queste parti dura un istante e che esplode in tutto il suo fulgore nel giro di un mese circa, da metà settembre a metà ottobre. Ora la città è gialla, arancione e rossa.  La luce cambia, ma nelle belle giornate di sole è una luce morbida, che colora i tronchi dei pini di un rosso intenso e dà fuoco alle foglie di betulle e aceri. Un tappeto dai toni caldi si stende sotto ai nostri piedi, mentre sopra le nostre teste le nuvole si fanno più pesanti e grigie, le piogge assidue e le giornate si accorciano inesorabilmente. E’ la Oslo delle passeggiate intorno al lago Sognsvann, dove la foresta diventa una tavolozza prima variopinta, poi gradualmente evanescente. 

A novembre e dicembre diamo già il benvenuto all’inverno e lo stato d’animo si fa molto diverso.  Ci si sveglia spesso avvolti dalla nebbia  che abbraccia il fiordo, e le tenebre penetrano in profondità. Ci si sente più esposti, fragili, in attesa di un lungo e buio inverno che ci fa desiderare di rimanere a casa, sepolti da coperte calde, a sorseggiare tisane e a leggere libri. E’ un letargo invitante, ma la necessità  impone anche di uscire, e allora i sentimenti si fanno più aspri e ambivalenti verso questa città che a tratti appare lugubre e austera.

 Il ghiaccio a terra è un nemico insidioso, le nevicate abbondanti all’inizio emozionano, poi stancano. Il buio è l’avversario più temibile, quello che vorrebbe farti desistere. Devi fare come i norvegesi e accogliere l’inverno  con tutti i suoi inconvenienti. Se ti piace sciare qui è il paradiso, altrimenti vale la pena rinchiudersi in una baita sulle montagne e lasciare che lentamente le giornate riprendano ad allungarsi.  

La vita va avanti lo stesso ma si ha l’impressione di fluttuare (a tratti affondare), in una dimensione ovattata, silenziosa.  L’inverno a queste latitudini è bianco e nero. Il bianco della neve e il nero della notte e delle foreste. Ciononostante, quando il sole compare, i tramonti sono tra i più belli: rosa, viola, oro. Un sole radente  fa luccicare la superficie ghiacciata del fiordo e allora ti pervade una romantica malinconia. Quella invernale per me è la Oslo abbarbicata sulla cima di Holmenkollen, nel rifugio/ristorante di Frognerseteren da cui osservare la città dall’alto, mangiando meringhe al cioccolato e godendo del tramonto precoce alle tre del pomeriggio sotto un cielo in fiamme.

Poi, finalmente, dopo diversi mesi di letargo, la natura si risveglia. E siamo alla mia stagione preferita. La primavera a Oslo può non essere  bellissima. Quando la neve si scioglie verso marzo/aprile, l’odore della terra congelata non è un granché. Piove spesso e a volte le belle giornate fanno fatica ad arrivare. 

Eppure arrivano,  si allungano sempre di più e a fine maggio i lillà sbocciano ad ogni angolo di strada. La città è lilla e verde prato,  e l’odore delle griglie usa e getta ci ricorda che siamo in quel periodo dell’anno che abbiamo a lungo desiderato.  Ti senti di nuovo carico, pieno di speranza. Hai superato un altro inverno e non puoi fare a meno di passeggiare. Sì perché ora finalmente il ghiaccio è sciolto e hai a disposizione una città a misura d’uomo che freme per tornare alla vita. La primavera per me è passeggiare a est lungo il fiume Akerselva, tra gli hipsters di Grunerløkka; oppure a ovest, in mezzo agli yuppies  di Frogner ,ammirando i palazzi finemente decorati  della Oslo più chic.

Questa è la mia Oslo, una città che mi cambia, mi trasforma anno dopo anno. Il luogo a cui sento di appartenere perché l’ho scelta, l’ho voluta e lo resa mia, anche quando provo una certa insofferenza e ne critico le mancanze . Non è la mia città di nascita ma  quella in cui sono diventato uomo, imperfetto e volubile come questa città sa essere. Luminoso a tratti, oscuro e introverso per lunghi periodi.  Le stagioni di Oslo sono tutte dentro di me. 

Fabrizio

nyfabry 







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